Il 21 maggio 2025 l’Istituto Liberale ha organizzato l’evento Il valore economico dell’etica del lavoro, in collaborazione con Students For Liberty Svizzera e LPU (Law and Politics in USI). La serata ha visto come protagonisti Carlo Lottieri, Paolo Pamini e Giovanni Barone Adesi, a presentazione del libro dal titolo Perché dobbiamo lavorare di più e risparmiare di più. Il valore economico dell’etica del lavoro, curato da Alberto Mingardi e pubblicato da Liberilibri. Il volume è una raccolta commentata di tre saggi del Premio Nobel James M. Buchanan. In queste pagine l’economista liberale sostiene che lavorare maggiormente e risparmiare siano di vantaggio per il singolo e per la società nel suo insieme. In queste pagine l’economista liberale sostiene che lavorare maggiormente e risparmiare siano di vantaggio per il singolo e per la società nel suo insieme. Viceversa, l’ozio danneggia tutti, esattamente come la mancanza di capitali e l’indebolirsi dell’etica del lavoro.
Carlo Lottieri, presidente della sezione italofona dell’Istituto Liberale, nonché professore di filosofia del diritto e delle sceinze socaili all’Università della Svizzera Italiana e all’Università Telematica Pegasus, ha aperto la serata. Il libro è strutturato secondo tre saggi che riflettono tre pilastri fondamentali del legame che Buchanan individua tra valori etici, cultura sociale ed efficienza del sistema economico. Pur basandosi su elementi teorici tipici dell’economia marginalista, il suo approccio è multidisciplinare: esplora infatti la connessione tra comportamento individuale, norme morali e benessere collettivo. Il primo fondamento è lavorare di più: maggiore contributo al capitale umano da parte dell’individuo ha un impatto importantissimo sulla produttività e la coesione sociale. Più si lavora, più si espande il mercato, si rafforza la divisione del lavoro e si generano esternalità positive. Il secondo fondamento è risparmiare di più: non solo come scelta individuale prudente, ma è una forma di investimento con ripercussioni sociali positive che aumenta il potenziale per la crescita futura, nel lungo termine. Come verrà sottolineato più tardi, questo è un grosso punto di critica che Buchanan reca al mainstream keynesiano del suo tempo. L’ultimo pilastro, più provocatorio, riguarda la necessità di finanziare i “predicatori”, ovvero sostenere coloro che si spendono per difendere valori etici e comportamenti virtuosi che portano al funzionamento armonioso della società aperta. Buchanan sostiene che il successo economico è possibile solo se esiste un humus culturale favorevole, in cui idee come responsabilità, cooperazione e fiducia siano diffuse.
Il secondo relatore della serata è stato Giovanni Barone Adesi, professore di economia finanziaria all’Università della Svizzera Italiana dopo una lunga carriera in Canada. Il suo approfondimento è volto all’inquadramento storico-teorico del pensiero di Buchanan. Studente di Frank Knight, Buchanan si è sviluppato in un ambiente critico verso i dogmi neoclassici e keynesiani. Rifiuta la visione di Marx sul crollo tendenziale dei salari e l’inevitabilità della rivoluzione proletaria, e rivaluta la tradizione della Scuola Austriaca, che valorizza l’innovazione e il dinamismo del mercato. Buchanan interpreta questo “lavorare di più” come lavorare meglio: contribuire a un più alto standard di vita per tutti tramite innovazione e specializzazione. Allo stesso modo, il risparmio ha esternalità produttive dal punto di vista della produttività, mettendo in moto in entrambi i casi quei meccanismi che portano il benessere individuale a confluire nel benessere collettivo. Questa visione armonica degli sforzi individuali come costruire un bene comune sono portati a contrasto con l’utilizzo della spesa pubblica, uso inefficiente delle risorse collettive che porta a interessi particolari (sindacati, ambientalisti, contribuenti) che minano la coesione sociale e i valori che fanno il successo dell’economia di mercato. In modo simile, per Buchanan la religione ha avuto un importante ruolo storico e culturale nella formazione del capitalismo, tra la spinta calvinista e le fondazioni seminate dalla Scolastica cattolica. Infatti, il Cristianesimo ha, nel contesto sociale, creato un terreno fertile ai valori individuali della disciplina, dell’etica del lavoro e del risparmio parsimonioso.
Paolo Pamini, docente di economia e fiscalità al Politecnico di Zurigo, ha invece riflettuto sulle implicazioni pratiche e contemporanee delle tesi di Buchanan. Oggi, in particolare nelle generazioni più giovani (Millennial e Gen Z), prevale una mentalità che ricerca l’equilibrio tra vita e lavoro, con scarsa propensione al sacrificio e alla carriera. Questo trend si scontra con le indicazioni di Buchanan, che valorizza la dedizione nelle fasi iniziali della propria carriera per segnalare affidabilità sociale e aumentare il proprio contributo al capitale umano. Questo è causa e conseguenza di una marcata conflittualità sociale forgiata nella mentalità della lotta di classe, che sta infatti remando contro alla crescita economia come strumento di armonizzazione collettiva. Per esempio, la popolarità del femminismo e l’accento su presunte ingiustizie sistemiche quali il gender pay gap spingono le persone ad abbandonare i valori che durante il secolo scorso hanno contribuito alla sostenibilità e alla divisione del lavoro nell’economia domestica: la madre che rallenta la propria carriera per investire tempo nella famiglia, che viene però completata da un marito che si sacrifica maggiormente al lavoro, generando così una sensazione negli altri membri della comunità di impegno e affidabilità, spendibili nel mercato del lavoro. Questo genere di conflittualità, che si riversa anche per esempio sugli scontri intergenerazionali, crea attriti destabilizzanti ai danni del sistema pensionistico, che pertanto dovrebbe essere coerentemente privatizzando seguendo il modello cileno.
In generale, la demonizzazione del lavoro, vissuto come fardello da cui liberarsi il prima possibile approfittandosi dei contributi versati dalle nuove generazioni, erode quei valori per portano la società ad una crescita armoniosa. Secondo alcuni studi, infatti, la prima causa di morte oggi sono le conseguenze psicofisiche del pensionamento, a causa della mancanza di senso della vita di tutti i giorni che un’etica del lavoro vissuta come contributo alla società può dare. Allo stesso modo, la tendenza contemporanea dell’affidamento totale alla scuola pubblica, da una parte, e un sempre maggiore controllo statale sull’informazione con la scusa della tutela della popolazione dalle fake news e gli abusi, dall’altra, creano un terreno fertile per insabbiare i buoni predicatori che andrebbero sostenuti per recuperare questi valori. Gli effetti di questa deriva si vede nel dilagare di ideologie stataliste da una parte, ed aggressivamente secolari dall’altra, il che va ad annullare quanto di buono il Cristianesimo ha portato a livello di etica del lavoro nell’era del capitalismo. Valori contrari alla libertà individuale e al valore della persona tolgono qualsiasi freno non solo ad un dannoso intervento statale nell’economia, ma nella trasformazione del mercato in una forma di controllo politico sempre più totalizzante: introduzione delle monete digitali centralizzate, progetto di registri patrimoniali centralizzati, diffusione di idee conflittuali e classiste.