Il seminario di discussione liberale all’Università della Svizzera italiana ha l’obiettivo e l’ambizione d’affrontare questioni fondamentali dal punto di vista politico, economico, storico e filosofico attraverso la lettura e la discussione degli scritti di alcuni tra gli autori più importanti della tradizione di pensiero liberale.
Nel corso del semestre primaverile, i partecipanti sono stati invitati a leggere La libertà e la legge di Bruno Leoni, opera che è stata discussa approfonditamente in occasione di una serie di incontri che si sono succeduti con frequenza settimanale a partire dal 13 marzo 2017. Ogni incontro è stato animato da professori e docenti del Campus di Lugano e di altre università, tra cui anche alcuni membri del comitato dell’Istituto Liberale.
Primo incontro
Dopo una breve presentazione di Egidio Alfieri e David Anzalone, presidente e vice-presidente della Law and Politics in USI, Paolo Pamini, vicepresidente del Comitato dell’Istituto Liberale, il quale ha commentato l’introduzione e il primo capitolo de La libertà e la legge. La tesi centrale di queste prime pagine è che vi è una sostanziale differenza tra il meccanismo spontaneo di produzione del diritto tramite la giurisprudenza e le dinamiche contrattuali all’interno della società e la produzione di legge che avviene sui banchi del parlamento. Da una parte c’è l’evoluzione storica delle comunità umane, dall’altra il comando del sovrano. Queste due dimensioni si distinguono principalmente dal punto di vista della stabilità. Al contrario di quanto si è abituati a pensare, la legislazione non è sinonimo di stabilità. Essa infatti non è altro che una “rivoluzione permanente”, in quanto la legislazione dipende dall’arbitrarietà dei corpi legislativi. La crescita della legislazione — a cui Leoni assisteva nella sua epoca — implica dunque la crescita dell’incertezza. I conti tornano se ci si rivolge all’equazione di Leoni: la giurisprudenza sta al mercato come la legislazione sta alla pianificazione. Proprio come il mercato porta ad una maggiore certezza, ad esempio nella formazione dei prezzi, allo stesso modo la giurisprudenza porta ad una maggiore certezza, quando si tratta della creazione del diritto.
Secondo incontro
Massimiliano Vatiero, professore di Law and Economics all’USI, ha presentato il secondo ed il terzo capitolo di Freedom and the Law. Il primo tema affrontato è stato quello dell’evoluzione storica del diritto. Il relatore si è focalizzato sugli Enclosure Acts del diciottesimo secolo in Inghilterra, una rivoluzione istituzionale che ha attribuito i titoli di proprietà dei commons agli aristocratici. In Svizzera, invece, l’istituzione dei patriziati è ancora viva e vegeta. Questo è un ottimo esempio di istituzione giuridica che nasce dal basso e persiste nel tempo, combinandosi con la legislazione dall’alto. È Bruno Leoni a sottolineare l’opposizione fra il movimento dal basso e quello dall’alto: spesso infatti capita che tutta una serie di istituzioni societarie vengano distrutte dalla produzione legislativa. Questo apre una riflessione sulla libertà. Quest’ultima, secondo Bruno Leoni, dipende dall’indipendenza del processo produttivo del diritto dalla politica. Da qui si comprende perché il filosofo torinese abbia preferito sistemi di Common Law a quelli di Civil Law. La libertà viene tematizzata da Leoni come assenza di costrizione. Non è solo l’indipendenza della produzione del diritto a fornire la superiorità del Common Law. Questo infatti, essendo più focalizzato sui casi concreti, è più efficiente dal punto di vista economico: la sentenza del giudice si basa anche sulla valutazione costi-benefici. Ma come mai questa divisione tra Civil Law e Common Law? Secondo la Legal origin theory, questa distinzione deriva da condizioni politiche. Mentre in Francia la Civil Law si era sviluppata per fare in modo che i giudici non tornassero al sistema pre-napoleonico, in Inghilterra la Common Law si era sviluppata a limitazione del potere monarchico.
Terzo incontro
Il professor Carlo Lottieri, presidente del comitato dell’Istituto Liberale, ha presentato il quarto e il quinto capitolo di Freedom and the Law, in cui Bruno Leoni analizza il rapporti tra libertà e certezza e tra libertà e legislazione. Riguardo la prima questione, il filosofo torinese si sofferma sul fenomeno della codificazione. Essa è andata a minare la certezza del diritto, e di conseguenza la libertà individuale, in quanto accompagnata dalla figura del legislatore. Infatti, nella riflessione sulla certezza del diritto è fondamentale distinguere due tipi di certezza: quella di breve periodo e quella di lungo periodo. Nel novecento, col compimento del processo di secolarizzazione, ci si è abituati a vivere solamente nel presente. In questo contesto anche la legislazione agisce sul breve periodo, andando a minare sia la certezza del diritto che la libertà individuale. Come si può pianificare la propria esistenza se questa è continuamente alla mercé del legislatore? I liberali, nel tentativo di arginare il potere dello Stato, si sono concentrati sul contenuto delle leggi, senza comprendere il meccanismo stesso della legislazione, che trasforma i parlamenti in «fabbriche del diritto» che dispongono degli uomini e delle loro risorse. Un genuino governo della legge, e non degli uomini, non può essere raggiunto che attraverso il recupero di un sistema di Common Law in cui il diritto è indipendente dalla politica.
Nella critica allo Stato di diritto, Leoni non risparmia la democrazia. Essa, al contrario di quello che teorizzava Duncan, non è accostabile ai meccanismi del mercato. Per citare Mises, nel mercato «l’individuo non è mai membro di una minoranza che dissente», mentre nella democrazia l’individuo viene travolto dal potere del numero. Forse però, osserva Lottieri, Leoni avrebbe potuto notare alcuni elementi positivi della democrazia diretta che ostacola l’elitismo e permette un miglior controllo delle finanze pubbliche.
Quarto incontro
Il professor Marco Bassani ha illustrato il sesto e il settimo capitolo di Freedom and the Law. Il primo tema affrontato è stato quello della rappresentazione. Esistono due grandi visioni a riguardo. Da una parte vi è quella continentale, risalente a Burke, per la quale non vi è alcun vincolo imposto agli eletti dagli elettori. Dal punto di vista americano, invece, il parlamentare è una marionetta, cioè è eletto solamente per rappresentare la sua constituency. In questa seconda visione manca l’idea di nazione e di interesse nazionale. Bruno Leoni ha anche sottolineato che l’elezione non deve necessariamente avvenire attraverso il voto: ad Atene ad esempio, vigeva il sorteggio. Ma la domanda fondamentale di fronte alla democrazia moderna è la seguente: perché domina la maggioranza? Non perché ha ragione, ma solamente perché è maggioranza. La maggioranza, secondo Bassani, non è altro che l’escamotage democratico-assembleale per avere un monarca dopo averlo fatto fuori.
Nella seconda parte dell’incontro, ci siamo concentrati sulla critica leoniana alla codificazione di cui abbiamo parlato già negli incontri precedenti. Bassani ha sottolineato alcuni problemi ad essa relativi. Sembra infatti che Leoni relativizzi la codificazione, senza comprendere a fondo l’ideologia del codice. Il codice non è solo una trascrizione di tradizioni, usi e costumi, ma nasce proprio con lo scopo di reinventare la società, cancellando tutto ciò che è ad esso precedente.
Ultimo incontro
Nell’ultimo appuntamento del seminario di discussione liberale, il professor Markus Krienke ha analizzato il “modello Leoni” da una prospettiva rosminiana. Ma qual è il modello Leoni? Partiamo dalla critica al formalismo della legislazione, che incide sulla nostra vita quotidiana impedendo alle persone di decidere liberamente e di prevedere gli effetti del proprio comportamento. Per Rosmini «Il diritto è una facoltà di agire liberamente», di contro allo Stato che schiaccia l’individuo. Nella critica alla legislazione, Leoni formula l’idea di un diritto come pretesa che un’azione si realizza per lo più nella società. Il diritto come “ordinamento” non sarebbe che uno scambio di pretese interpersonali che si affermano come obbligo. Krienke suggerisce così la possibilità di un accostamento tra la pretesa leoniana e la volontà razionale di Rosmini, motore dell’attività del soggetto. Rosmini però, inserendosi a pieno titolo nella tradizione liberale, ha sempre come sfondo il diritto naturale e i suoi fondamenti. Non è così nella visione Leoniana, la quale guarda a ciò che emerge dalla società. La discussione si è focalizzata molto su questo punto critico in Leoni. Se il diritto è uno scambio di pretese riconosciute, che cosa succede nel ventesimo secolo dove la pretese riconosciute sono quelle del Welfare? All’uscita di Freedom and the Law, Rothbard aveva sottolineato il fatto che in Bruno Leoni manca la proprietà come fondamento oggettivo del diritto. Il punto di partenza del diritto è la regola aurea (o etica della reciprocità). Ma questa basta a garantire la libertà?