Primo appuntamento con Bastiat
Lo scorso 2 novembre si è tenuto il primo incontro del Seminario di discussione liberale Modernità, tradizione occidentale e libertà: Leggere Frédéric Bastiat, seminario che avrà luogo tutti i mercoledì di novembre all’Università della Svizzera Italiana. Dopo un breve giro di presentazione, il Prof. Carlo Lottieri, presidente del comitato dell’Istituto Liberale, ha riassunto la vita e l’impegno politico e intellettuale di Bastiat. Dopodiché, il Dr. Paolo Pamini, vicepresidente del comitato, ha proposto un commento del testo Ciò che si vede e ciò non si vede (1850).
Il punto focale del testo di Bastiat è che nelle questioni economiche vi sono sempre due aspetti da tenere in considerazione: ciò che si vede e ciò che non si vede. Tipicamente gli economisti si concentrano solamente sui benefici risultanti da una certa operazione economica, che sono ciò che si vede. Però, così facendo, dimenticano ciò che non si vede, dimenticano cioè che dietro ad ogni operazione economica, vi sono dei costi. Un esempio è quello delle politiche protezionistiche: esse, da una parte arricchiscono un settore dell’industria — questo è ciò che si vede —, dall’altra ne impoveriscono altri — questo è ciò che non si vede. La discussione aperta al pubblico ha infine orientato la lettura verso una prospettiva più attuale. In particolare, si è osservato che molte delle critiche di Bastiat possono essere rivolte alle recenti politiche pubbliche guidate dalle teorie keynesiane.
Secondo appuntamento con Bastiat
Nel secondo incontro del seminario di discussione liberale tenutosi mercoledì 9 novembre abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare il Prof. Markus Krienke dell’Istituto di Studi Filosofici di Lugano, il quale ha presentato i testi Proprietà e Legge e Giustizia e Fraternità (1848). In Proprietà e Legge, Bastiat attribuisce l’origine della legge alla necessità di tutelare il diritto di proprietà, diritto che è quindi preesistente alla legge. Una simile idea, osserva Krienke, si trova nei testi del filosofo Antonio Rosmini il quale sottolinea la priorità della persona rispetto alla legge.
In Giustizia e Fraternità, Bastiat confronta due visioni concernenti il fine della legge. La prima visione è quella dell’economia politica, che pone il fine della legge nella giustizia. A questa si oppone la visione socialista che chiede alla legge di realizzare il dogma della fraternità. Nonostante sia molto attraente, il socialismo è molto pericoloso in quanto giustifica un ingente interventismo statale nelle relazioni di mercato. Nascondendosi dietro all’idea di fraternità, lo Stato è potenzialmente in grado di commettere qualunque ingiustizia. Dire che la fraternità non debba essere forzata non significa dire che essa non sia un importante ideale morale. «La fraternità è spontanea o non è più tale. Decretarla significa annientarla». La vera fraternità si realizza quindi attraverso la cooperazione volontaria e non attraverso la costrizione.
Terzo appuntamento con Bastiat
Il 16 novembre, il Prof. Carlo Lottieri, presidente del comitato dell’Istituto Liberale, ha presentato La Legge (1850), un testo nel quale Bastiat introduce il concetto di perversione della Legge. Che cos’è la Legge? Qual’è il suo compito? La Legge è «l’organizzazione collettiva del Diritto individuale di legittima difesa». L’individuo ha per natura il diritto di difendere la propria persona, la propria libertà e la propria proprietà. La legge è il frutto di un accordo tra molti uomini che desiderano tutelare questo diritto. In tal caso, dice Bastiat, la Legge realizza giustizia e sicurezza.
Bastiat si rende però conto che la legge è stata pervertita da due fattori: l’egoismo inintelligente e la falsa filantropia. L’egoismo inintelligente si manifesta nella lotta fra i gruppi sociali per l’appropriazione dell’apparato legislativo. Possiamo trovarne esempio nella legislazione di stampo protezionistico, che favorisce un gruppo sociale a scapito di un altro. La falsa filantropia invece è il motore principale dei movimenti socialisti che predicano la spoliazione. Bastiat ricorda che la vera filantropia non si può realizzare che attraverso la libertà e non attraverso la costrizione.
Egli prosegue poi criticando la concezione della legge secondo cui la società è una materia da plasmare per il legislatore-artigiano. Tale visione sposa un’antropologia contradditoria. «Poiché le tendenze naturali dell’umanità sono abbastanza cattive perché le si debba togliere la sua libertà, com’è possibile che le tendenze degli organizzatori siano buone? I Legislatori e i loro agenti non fanno parte del genere umano?». Una visione realista dell’essere umano ne riconosce da un lato la fallibilità, dall’altro la ragionevolezza che gli permette di risolvere autonomamente i problemi complessi generati dalle realtà sociali, senza che ci sia bisogno dello Stato.
Quarto appuntamento con Bastiat
Nella penultima serata del seminario, il Prof. Marco Bassani ha riflettuto sugli spunti offerti da Bastiat sul tema della lotta di classe. Di primo acchito, questa tema rimanda alle teorie marxiste. Tuttavia, esso è caro anche a molti autori liberali. Infatti, paragonando gli scritti di Bastiat con quelli di Marx, possiamo vedere che entrambi riflettono sullo sfruttamento occulto che avviene nelle comunità umane. Per Marx, lo sfruttamento avviene con il modo di produzione capitalista attraverso il quale il capitalista sfrutta il proletario sottraendogli il suo plusvalore. Per Bastiat, invece, lo sfruttamento avviene nel quadro della relazione tra società e Stato. Lo Stato, quella «grande finzione per mezzo della quale tutti si sforzano di vivere a spese di tutti», è lo strumento attraverso cui i gruppi sociali sfruttano il lavoro altrui. Tale sfruttamento, che si manifesta attraverso la spoliazione, è reso possibile dalla già citata perversione della Legge.
Bassani prosegue allora nell’analisi dei sofismi presenti nella retorica statalista. In Lo Stato Bastiat afferma: «Così è: nel pubblico due speranze, dal governo due promesse: tanti benefici e poche imposte. Speranze e promesse che, essendo in contraddizione, non si realizzeranno mai.» Le diverse posizioni riguardanti le funzioni dello Stato presuppongono continuamente tale retorica. L’apparato statale possiede infatti l’arte di nascondere la mano rude dello Stato — quella che toglie —, mostrando solamente quella dolce — quella che dà. Non è forse meglio limitare le azioni di entrambe le mani? Negli ultimi minuti la discussione si è poi focalizzata sulle diverse correnti di pensiero che riflettono sul rapporto tra stato e società. Purtroppo nel dibattito contemporaneo il pensiero dominante, di matrice marxista o hegeliana, individua i problemi sempre all’interno della società e mai all’interno dello Stato.
Ultimo appuntamento con Bastiat
Nell’ultimo incontro, il Prof. Massimiliano Vatiero dell’USI ha introdotto Guerra alle cattedre di economia politica, Capitale e rendita e Maledetto denaro. La discussione ha ruotato attorno a quattro temi: il ruolo degli economisti, il protezionismo, il prestito ad interesse e la natura del denaro. Per quanto riguarda il ruolo degli economisti esistono importanti differenze tra il contesto attuale e quello di Bastiat. Al suo tempo, infatti, l’economia politica era molto più attiva nelle istituzioni. Nell’affrontare il protezionismo invece, Bastiat lo definisce come un metodo di spoliazione legale più raffinato rispetto alla guerra e alla schiavitù. Vi sono due tipi di protezionismo. Da una parte, un protezionismo che interferisce con regole e dazi nella libera circolazione di beni e servizi tra le frontiere. Dall’altra, un protezionismo meno evidente che inibisce il libero scambio grazie a differenze qualitative nell’applicazione delle politiche relative agli appalti pubblici.
In Capitale e rendita e Maledetto denaro, Bastiat si occupa in primis del prestito ad interesse, poi della ricchezza in quanto tale. Che cosa legittima il prestito ad interesse? Esso non è furto come pensava Proudhon, ma è parte di un reciproco scambio tra creditore e debitore. Se Sam fa un prestito a Maria, non rinuncia soltanto al suo denaro, ma anche alla possibilità di usarlo e al ritorno economico che deriverebbe da questo uso. È dunque giusto che Maria lo ricompensi pagando degli interessi. E la ricchezza che cos’è? La posizione per la quale essa è uguale al denaro è molto pericolosa in quanto porta a politiche inflazionarie — si pensi alla Repubblica di Weimar in cui, nonostante la grande quantità di denaro in circolazione, i cittadini erano in condizioni economiche difficilissime. Seguendo i suggerimenti di Bastiat, si dovrebbe definire il denaro come un intermediario nello scambio tra beni e servizi che costituiscono la ricchezza.