Il 10 febbraio 2022 l’Istituto Liberale ha organizzato un webinar sul tema “I megatrend del 2022: quali conseguenze per l’Europa e il mondo?”, in collaborazione con l’associazione studentesca LPU (Law and Politics in USI), attiva all’Università di Lugano, e con Students for Liberty Svizzera. Tema della serata, che ha visto protagonista Roberto Mazzoni, è stata la discussione sui possibili effetti che avranno a livello globale, geopolitico, sociale ed economico, le macrotendenze politiche che osserviamo all’inizio di questo 2022. Dagli effetti della pandemia ai lasciti della tecnocrazia sulle nostre democrazie, alla politica energetica fino al dirigismo sovranazionale, verso nuovi, talvolta inquietanti, equilibri sociali e istituzionali.
Ha aperto la serata Carlo Lottieri, presidente della sezione italofona dell’Istituto Liberale, che ha introdotto il quadro in cui si va ad inserire l’intervento del relatore. Si vanno a configurare declinazioni moderne di questioni già antiche, prima fra tutte la logica tecnocratica proposta a partire dall’Ottocento: la presunzione di organizzare la società con piglio essenzialmente ingegneristico, secondo cui persone più sapienti e informate in testa alle istituzioni politiche avrebbero il diritto e il dovere di progettare ogni aspetto della società umana. Chiaramente, all’epoca, gli strumenti in mano agli aspiranti tecnocrati erano tuttavia molti meno.
La parola è poi passata a Roberto Mazzoni, giornalista specializzato nella tecnologia informatica e fondatore di diverse riviste specialistiche. Ora vive negli Stati Uniti, in Florida, e, dopo un periodo a servizio di note case editrici italiane, è imprenditore nell’ambito della consulenza, volta in particolare ai giovani che vogliono stabilire la propria attività in America.
Riprendendo l’introduzione, il relatore ha esteso la visione moderna della tecnocrazia riflettendo sul rapporto, che oggi osserviamo in ogni sfaccettatura delle nostre istituzioni, tra le supposte élite al potere, fornite della conoscenza necessaria per programmare la vita degli individui al meglio, e il popolo, le cui opinioni compongono tutt’al più un ostacolo verso il buono svolgimento della cosa pubblica.
Il tecnocrate cerca sostanzialmente di portare avanti un progetto individuale, guidato dagli interessi del suo particolare gruppo sociale elitario, per realizzare una visione ingegneristica della società sotto l’egida di obiettivi ben precisi. Oggi, questa logica è amplificata in maniera mai vista nella storia del genere umano, a causa della crescita fuori controllo della tecnologia, dell’informatica e dell’intelligenza artificiale. Infatti, il punto di vista del tecnocrate moderno diventa quella di applicare ed adattare ciò che viene impersonalmente deciso sempre più da algoritmi e macchine. I primi esperimenti sociali in questo senso possono essere rilevati nell’atteggiamento dogmatico che hanno assunto, ovunque nel mondo, le task force anti-Covid per sospendere la propria responsabilità politica dietro l’ombra del “parere scientifico”.
Questo atteggiamento di riprogrammazione della società secondo parametri impersonali, interpretati e imposti dall’élite tecnocratica secondo i propri interessi particolari momentanei, va di pari passo con la crisi della democrazia che sperimentiamo negli ultimissimi anni. Le istituzioni politiche moderne reagiscono infatti alla perdita di controllo da parte dello Stato centrale con schemi di cooperazione internazionale volti a stabilire a livello mondiale una nuova norma politica di carattere semi-totalitario. I progetti politici vengono studiati a livello sovranazionale da esperti esterni ai governi nazionali per progettare la dialettica dei vari Paesi verso nuovi equilibri legislativi e sociali, che portino l’opinione pubblica ad accettare oppressioni veicolate dalla tecnologia sempre più pressanti e pervasive.
I visionari di questa nuova macrotendenza politica, volta alla centralizzazione del potere attraverso la coordinazione internazionale e la gestione tecnologica degli individui, si ritrovano a dover fare i conti con la disintegrazione della sovranità nazionale sul territorio. Raramente oggi la società, educata da secoli alla libertà personale e ai diritti civili dell’individuo, accetta infatti la presenza di un uomo politico forte che applichi direttamente la sua visione del mondo. Il risultato è una società civile volta alla decentralizzazione e alla frammentazione sotto l’influenza, per esempio, delle grandi aziende, delle ONG, dei think tank, della stampa, della comunicazione globale mediata dai social network. Questa grande quantità di ostacoli al controllo può essere gestita oggi solamente stringendo la morsa a un livello superiore alla volontà del singolo governo nazionale.
L’unico antidoto a queste tendenze accentratrici e dichiaratamente disumanizzanti è culturale. Diventa importante più che mai che gli individui riapprendano e riaffermino la loro natura di persone, degne dunque di diritti innati che devono essere difesi contro le velleità della classe politica. Come trasmettere un simile messaggio nella vita spersonalizzata della globalizzazione? La soluzione, secondo il relatore, è spingere sull’istruzione in forme non istituzionali, di riflessione e attivismo comune. Sia sul piano direttamente politico, sia spingendo progetti di vita comunitaria e creativa, che portino ciascuno a riscoprire la sua vera essenza anche verso, eventualmente, forme di adeguata resistenza politica.
Così come l’Unione Sovietica ha cercato fino all’ultimo di porre il proprio controllo totalitario sulla popolazione di pari passo allo sfaldamento della sua credibilità politica, che l’ha portata fino al tracollo, anche gli Stati tendenzialmente totalitari di oggi e i meccanismi sovranazionali che vanno a innescarsi dovranno fare la stessa fine. Ovviamente, l’individuo non può e non deve tuttavia aspettare che i tempi facciano il proprio corso: deve vivere. E l’unico modo oggi di poter trovare da vivere in quanto persona libera e sovrana è uscire dagli schemi tradizionali economici, bancari, istituzionali e cercare forme di aggregazione e socialità che sfuggano alle logiche politiche stabilite. La via da percorrere è quella contro-economia che, in passato, ha già portato l’umanità fuori dallo stallo dei rapporti feudali e ha favorito l’indipendenza personale all’interno dei borghi rinascimentali.