L’8 novembre 2024 l’Istituto Liberale ha organizzato l’evento La mentalità anticapitalista nei libri di testo, in collaborazione con Students For Liberty Svizzera e LPU (Law and Politics in USI). La serata ha visto come protagonista Carlo Lottieri e Andrea Atzeni in quanto relatori principale, a presentazione del volume A scuola di declino. La mentalità anticapitalista nei manuali scolastici, composto dai due in collaborazione con Luigi Marco Bassani ed edito da Liberilibri. Il quadro che emerge è sconcertante: la mentalità contraria alle più elementari libertà economiche viene inoculata nei giovani senza alcuno spirito critico. In maniera quanto mai dogmatica, la scuola si nutre di testi che esaltano le burocrazie pubbliche e demonizzano tutto ciò che è privato. La presentazione s’è dunque posta come tentativo di aprire un vasto dibattito, non più rimandabile, sul sottosviluppo scolastico: anche in Ticino, dove i giovani sono costretti a subire l’importazione di ideologie spesso disumane e fallimentari.
Ha aperto la serata Carlo Lottieri, presidente della sezione italofona dell’Istituto Liberale, nonché professore di filosofia del diritto presso l’Università Telematica Pegasus. Lottieri ha introdotto il tema generale del libro, che si propone di analizzare vari argomenti trattati nei libri di testo scolastici per evidenziare il pesante pregiudizio anticapitalista che viene presentato da professori e istituzioni come dato certo e spesso come unica lettura scientifica della storia. La prima parte del volume è curata dal Professor Marco Bassani, che si occupa innanzitutto della rivoluzione industriale, di Marx e marxismo, e generalmente di educazione civica e ambientalismo. Lottieri, invece, ha fornito l’introduzione nonché la terza parte del libro, che si occupa di sviscerare l’ideologia che emerge tra le righe dei libri di testo. Quando si presentano gli avvenimenti odierni nelle scuole dell’obbligo temi ecologisti, terzomondisti, antinatalisti, costruttivisti in realtà si fondono ad un livello profondo con le influenze anticapitaliste più profonde ed implicite delle analisi proposte. Tematiche che vogliono attualizzare le dottrine presentate, come quelle della crisi climatica, vengono poste come contenuti dati dalla comunità scientifica e pertanto che escludano ogni tipo di discussione – anche e soprattutto sulle applicazioni politiche e giuridiche.
Il secondo relatore della serata è stato Andrea Atzeni, docente di storia e filosofia presso l’importante liceo Leonardo da Vinci a Milano. Il primo dato da esaminare è strutturale: ovvero il mandato dei professori alle scuole superiori in Italia e anche altrove che devono sempre insegnare al contempo storia e filosofia. Questa impostazione deriva dalla Riforma Gentile che ha appunto strutturato l’istruzione obbligatoria ai tempi del fascismo seguendo la filosofia hegeliana secondo cui lo studio della filosofia dev’essere sempre innanzitutto studio della storia della filosofia e dell’evoluzione storica del pensiero. Nei contenuti dei programmi ministeriali questa riforma va di pari passo con una lettura sistematicamente marxista e ottocentesca di storia e filosofia. Ogni mutamento sociale viene presentato innanzitutto come una conseguenza di cambiamenti dei rapporti economici in un dato periodo storico. Inoltre, queste trasformazioni vengono immancabilmente presentate in un’ottica finalistica, per esempio spiegando l’avvento della rivoluzione industriale attraverso la teoria marxista, ormai ampiamente smentita dalla storiografia contemporanea, che il motore del capitalismo è stato l’accumulo di ricchezza da parte dei primi borghesi, come se le popolazioni europee di fine settecento stessero preparando il terrendo aspettandosi le innovazioni tecnologiche che avrebbero di lì a poco scosso l’umanità in modo tanto improvviso.
A tutto questo si accompagna spesso una moralizzazione di ciò che questa lettura storica ci lascerebbe oggi: un senso comune secondo cui i privati siano fondamentalmente disorganizzati ed egoisti, mentre è l’autorità politica a porre un’alternativa più sana e meno competitiva della società e di come dev’essere diretta. Questi luoghi comuni vengono creati per perpetuare lo stesso sistema d’istruzione. Infatti, il liceo, almeno in Italia, è visto come la via maestra per l’università, e quindi queste idee vengono la maggior parte delle volte riverberate nelle carriere di chi diventerà più spesso funzionario, burocrate, oppure proprio insegnante di liceo a sua volta – anziché professionista in ambiti che meno hanno a che fare con la riproduzione della cultura generale. Bisogna notare come in Italia in particolare proprio nei licei in cui si insegna filosofia appesantita da questi luoghi comuni vengono decurtati argomenti economici o giuridici, quasi per evitare che tali idee generiche sullo sviluppo della storia e della società debbano venire messe davanti alla prova dell’applicazione pratica. Gli unici contenuti economici che nello studio operato dal libro vengono proposti nei manuali scolastici, curiosamente, sono legati alla teoria marxista del valore-lavoro.
Non v’è traccia della rivoluzione marginalista, che viene invece trattata dall’economia accademica come l’inequivocabile superamento della precedente visione. Molto raramente viene fatto riferimento agli autori della Scuola Austriaca, spesso caricaturandoli di obiezioni che spesso gli vengono mosse come sostenere forme di darwinismo sociale. Un altro grosso problema dell’impostazione scolastica è la tendenza dei manuali a proporre una contestualizzazione storica dei pensatori solamente nell’ottica di giustificarli quando le loro predizioni si sono rivelate errate. Questo apre la porta a ogni tipo di attualizzazione post-marxista di economia e geopolitica contemporanea, argomenti che vengono affrontati senza alcun tipo di fondamento teorico in questi campi che fornisca agli studenti le necessarie capacità di analisi critica di quanto gli viene proposto. Le pesanti influenze anticapitaliste che penetrano dunque nella mentalità degli allievi, perpetrate dall’autorità epistemica dei professori, hanno altrettanto cruciali ricadute sui valori che vengono tramandate alle generazioni successive. Tutto ciò che viene presentato nei libri di testo evidentemente sottende ad una lettura dei rapporti umani come intrinsecamente conflittuali: in cui ci siano sempre una vittima e un carnefice, e che la forza dell’autorità politica possa essere l’unica fonte di salvezza dalla guerra di tutti contro tutti.