Il 19 ottobre, nell’Aula Magna dell’Università della Svizzera italiana, si è tenuta la conferenza annuale dell’Istituto Liberale. Ad aprire la serata è stato Carlo Lottieri, presidente del comitato dell’Istituto Liberale, che, dopo aver salutato tutti i presenti e presentato il Prof. Luigi Marco Bassani (Istituto di Studi Filosofici di Lugano), ha dato la parola a quest’ultimo per la sua conferenza intitolata «La tradizione liberale americana e gli Stati Uniti del terzo millennio». La seconda parte della serata è stata invece riservata alla premiazione dei vincitori del concorso di saggistica organizzato dall’Istituto Liberale, in collaborazione con il Corriere del Ticino, da parte del Dr. Paolo Pamini, vicepresidente del comitato.
Il Prof. Bassani ha aperto la sua relazione osservando come l’istituzione politica dello Stato moderno, originariamente prettamente europea, si sia rapidamente diffusa su tutto il globo. Attributi essenziali di questa istituzione sono la sovranità e la centralizzazione. Rispetto a questo modello monopolista, il mondo occidentale ha conosciuto alcune «sacche di resistenza» nella forma della Confederazione elvetica e degli Stati Uniti d’America. Questi due mondi, apparentemente lontani, condividono uno sviluppo comune. Da una parte, il dibattito costituzionale americano, avvenuto tra il 1787 e il 1788, è stato fonte di ispirazione per la redazione della costituzione svizzera del 1848. D’altra parte, proprio quel dibattito è stato influenzato profondamente dalla realtà elvetica. Non a caso, nel 1788, in un giornale della Virginia veniva detto che «tutto il mondo si trova ora nell’inferno della schiavitù ad eccezione dell’America e della Svizzera». John Adams vedeva nella dieta generale dei cantoni svizzeri un esempio storico della possibilità di conciliare il governo con le libertà. L’America dunque nasce con lo scopo di dotarsi di un sistema di governo completamente diverso rispetto a quello europeo. Purtroppo, dopo la guerra civile e il conseguente accentramento dei poteri in seno al governo centrale, gli Stati Uniti hanno avviato un processo di europeizzazione culminato nel novecento, secolo delle guerre, del socialismo e del totalitarismo. La tradizione liberale americana ha tuttavia fatto in modo che tali fenomeni si manifestassero meno intensamente che sul continente europeo.
I principi federalisti continuano a sopravvivere nel sistema elettorale americano. Negli ultimi anni però, ed in particolare in queste elezioni, la distanza tra il mondo americano e quello europeo si è assottigliata. Con Bernie Sanders, per la prima volta dalla fine della guerra fredda, un candidato democratico si è dichiarato socialista. Questa è una chiara indicazione di come il socialismo non sia più visto come una ideologia nemica delle istituzioni americane, ma bensì come una dottrina politica qualsiasi. Hillary Clinton e Donald Trump ricordano invece la socialdemocrazia e la destra populista di stampo europeo: la prima spinge per una maggiore redistribuzione delle risorse, mentre il secondo per una politica economica protezionistica. Nel dibattito pubblico americano viene oramai data per scontata la necessità che il governo federale assuma un ruolo importante nell’economia. Anche l’America sta dunque realizzando «l’unica vera ideologia: quella dello Stato, che diventa il fine in sé e per sé». Malgrado ciò, gli Stati Uniti continuano ad avere alcune caratteristiche, come una tassazione contenuta, che, assieme alla Svizzera, lo rende uno dei paesi più prosperi al mondo.
La serata si è conclusa con la premiazione dei vincitori del concorso di saggistica, concorso che quest’anno ha invitato tutti i giovani immatricolati nelle università svizzere a riflettere e esprimersi sulla seguente citazione di Benjamin Constant: «Imposte eccessive conducono alla negazione della giustizia».
Il primo premio è stato assegnato a Costanza Naguib, dottoranda in economia presso l’Istituto di Ricerche Economiche dell’Università della Svizzera italiana, la quale si è concentrata fondamentalmente su due problemi. Il primo, di natura prettamente economica, riguarda la definizione di cosa rappresenti un’imposta eccessiva. Il secondo, di natura morale, apre ad una riflessione sul concetto di giustizia. Dal punto di vista economico le imposte sono eccessive quando impediscono l’accumulazione di nuovo capitale e scoraggiano la libera iniziativa economica. Dal punto di vista morale l’ingiustizia si verifica quando la persona viene spogliata della sua dignità, cioè quando non è più riconosciuta come fine in sé, ma soltanto come un mezzo per arrivare ad altri fini.
Il secondo premio è andato ad Eric Tremolanti, studente del secondo anno di bachelor all’Istituto di Studi Filosofici di Lugano. La sua relazione ha posto l’attenzione in particolar modo sulle competenze dello Stato finanziate attraverso le imposte. Dopo aver tematizzato l’attuale tendenza dei governi ad adottare un approccio sempre più statalista, egli ha auspicato che nel futuro si vada nella direzione di un recupero della grande tradizione liberale che da sempre sottolinea la necessità di una drastica limitazione delle competenze dello Stato.
La terza classificata è stata Chiara Gaiani, studentessa del Master in lingua, letteratura e civiltà italiana all’Istituto di studi Italiani di Lugano, la quale ha riflettuto sul valore dell’individuo rispetto a quello della comunità. È ingiusto, secondo lei, che l’individuo e la sua dignità vengano sacrificati sull’altare del benessere comune. Per questo motivo, la tassazione deve limitarsi ad un livello che non vada in alcun modo a ledere il diritto di condurre una vita dignitosa del contribuente. Le versioni integrali dei tre saggi premiati sono disponibili a questo indirizzo.