Che esista un’egemonia culturale del progressismo, in tutto l’Occidente, è un fatto accertato. Il progetto gramsciano volto a conquistare i luoghi della produzione e diffusione delle idee – a partire dalle università – ha avuto un indubbio successo e di conseguenza qualunque frazione della classe dirigente (nelle imprese, nelle chiese, nelle formazioni politiche) deve fare i conti con alcune parole d’ordine. È ugualmente evidente, però, che il contenuto di questo pensiero “obbligatorio” non è più marxista in senso ortodosso: non predica necessariamente la lotta di classe e neppure l’ineluttabilità del trionfo del proletariato, prendendo anzi spesso le distanze da ogni socialismo realizzato. Il progressismo contemporaneo si vuole democratico e, a suo dire, perfino liberale. Si tratta però di un insieme assai composito di argomenti e idee che finiscono per definire una costellazione di dogmi secolari tutt’altro che coerente. In effetti, in varie occasioni è impossibile accettare contemporaneamente ognuna delle tesi che, almeno in teoria, si dovrebbe sposare per non apparire incivile di fronte a quanti orientano il dibattito pubblico.
Qualche tempo fa tutto ciò è stato bene esemplificato da una vignetta americana divisa in 4 parti. Nella prima immagine un giovane sosteneva che gli omosessuali andavano severamente puniti, mentre nella seconda una ragazza lo rimproverava di essere un terribile reazionario e un elettore di Trump. Nella terza immagine il giovane replicava dicendo di essere di fede islamica e di avere semplicemente riferito i valori della propria famiglia, mentre nella quarta scenetta la ragazza si scusava con lui, sottolineando che non intendeva in alcun modo mancare di rispetto verso la sua identità religiosa e tradizionale.
Usando l’arma dell’ironia l’autore ha saputo evidenziare come non sia possibile, al tempo stesso, la difesa di ogni cultura “altra” rispetto a quella occidentale e la piena protezione di qualsivoglia preferenza sessuale. Eppure entrambi sono principi cardine del progressismo in voga. Questo era già chiaro, ad esempio, a Pym Fortuyn, un sociologo e uomo politico olandese che proprio perché voleva salvaguardare una serie di libertà caratteristiche delle nostre società (a partire dai diritti degli omosessuali) decise di rigettare ogni buonismo in tema di immigrazione e integrazione. Questo dovrebbe farci comprendere come il progressismo sbagli nell’assolutizzare in modo arbitrario questo o quel tema, dato che non si possono tutelare esigenze contrastanti. Per questo, lo schema abituale di chi ogni giorno c’impone un ben preciso comportamento consiste nell’adottare arbitrariamente un principio a scapito di uno differente. Il fatto stesso che si passi da un’emergenza all’altra (dal terrorismo alla crisi finanziaria, dalla pandemia alla guerra, al riscaldamento globale) mostra come vi sia chi può, in ogni momento, modificare l’agenda e riscriverla a proprio piacere.
In un certo senso, il progressismo contemporaneo – non di rado promosso da piccoli gruppi aggressivi – è allora qualcosa dal contenuto instabile e arbitrario. Le parole d’ordine del conformismo alla moda possono esaltare la pace oppure l’impegno bellico, proporre una vita frugale orientata alla decrescita oppure il consumo quale motore dello sviluppo (in senso keynesiano), moltiplicare le pale eoliche per ragioni ambientali oppure distruggerle per tutelare il paesaggio. Questo poter muoversi in una direzione o in quella opposta lo s’è visto anche nei dibattiti in cui s’è a lungo teorizzata una maniera femminile d’essere e di pensare (contro maschilismo e “patriarcato”), dopo aver però negato in varie circostanze che maschile e femminile esistano davvero.
Ambiente, guerra, salute, terzomondismo e cambiamento climatico sono quindi semplici occasioni per ribadire un’egemonia che viene affermata non già a partire da elementi sostanziali, ma semplicemente in virtù del fatto che oggi c’è chi sa manovrare le parole e piegarle alle proprie esigenze. Come questo sia possibile e come si sia arrivati a tutto ciò, a ogni modo, resta in larga misura un mistero.
(Articolo pubblicato per Il Mattino della Domenica, numero del 10 dicembre 2023)
Carlo Lottieri è il presidente della sezione italofona dell’Istituto Liberale