Un dato cruciale del nostro tempo è la crisi demografica, che è accompagnata da un tendenziale invecchiamento: poiché se abbiamo meno nati, l’età media s’innalza sempre più. In un importante studio di tre demografi (Lundquist, Anderton e Yaukey) si afferma a chiare lettere che “la fertilità a livello globale non è probabilmente mai stata così bassa come oggi ed è difficile che aumenti nel prossimo futuro (…). Più di un terzo di tutte le nazioni, e praticamente tutti i paesi sviluppati, hanno livelli di fertilità inferiori a quelli che permetterebbero di sostituire le popolazioni attuali”.
La situazione è dunque particolarmente drammatica in Occidente e soprattutto nel Vecchio Continente. L’Europa largamente intesa, tale includere anche Russia e Turchia, oggi conta circa 740 milioni abitanti e le stime parlano di un calo di 25 milioni già nel 2050. Alle origini di questo vi sono importanti mutamento socio-economici, perché — tanto per semplificare — mentre nell’universo contadino ogni nuovo nato è due braccia in più, quando il nipote di chi lavorava i campi diventa un impiegato ogni figlio ulteriore può costituire un costo difficile da sostenere.
C’è però anche altro, dato che questo trend che vede calare in maniera significativa il numero degli esseri umani è pure conseguenza di decenni di analisi contestabili, secondo le quali il mondo sarebbe minacciato dalla sovrappopolazione: tanto che sarebbero necessarie politiche volte a evitare nuove nascite. Già negli anni Sessanta il Club di Roma aveva realizzato simulazioni terrorizzanti sulle conseguenze della crescita demografica. La tesi era semplicissima: lo stock delle risorse è limitato e ogni persona in più ne riduce la disponibilità per gli altri.
Per questa ragione da decenni molti governi fanno il possibile affinché l’umanità si contragga. Di conseguenza, somme enormi sono state investite per indurre a non procreare, nella persuasione che una crescita della popolazione prospetti un futuro di miseria. In qualche caso, come in Cina, si è arrivati perfino a imporre la politica del figlio unico.
Tutto questo è semplicemente assurdo. La tesi secondo cui le risorse sono limitate è vera, ma deve essere specificato che non conosciamo affatto le dimensioni di questa scarsità relativa. Un tempo ricavavamo dalla legna dei boschi l’energia necessaria a riscaldare le case, ma ora usiamo gli idrocarburi, il nucleare, il solare, l’eolico e molti altri sistemi di produzione. Oggi siamo molti di più ed eppure ognuno di noi dispone di tanta più energia di quanta ne avessimo in passato.
Per lo stesso motivo, è ragionevole ritenere che — se non intralceremo scienziati e imprenditori — negli anni a venire potremo disporre di forme di energia di cui oggi ignoriamo l’esistenza. E lo stesso discorso si può fare per le risorse alimentari, dato che una parte significativa del pianeta rimane ancora inutilizzata, e per ogni altro tipo di nostra necessità.
Come spiegò Julian Simon, la risorsa fondamentale è l’uomo. D’altro canto, non avremmo risorse senza l’intelligenza e la creatività di soggetti capaci di inventare il fuoco, la ruota, l’agricoltura, gli acquedotti, i sistemi di riscaldamento e così via. E avere meno uomini significa anche meno ingegni mobilitati a far fronte ai problemi e trovare soluzioni.
Il timore dinanzi alla crescita demografica è allora infondato, anche se esso ricorre a più riprese nella storia. Già Tertulliano, infatti, nel terzo secolo d.C. era spaventato di fronte alla sovrappopolazione, e in quel momento l’umanità poteva contare all’incirca 200 milioni di persone! Quelle tesi verranno poi riprese da Thomas Malthus alla fine del Settecento e, più di recente, da molti progetti tecnocratici e dall’ambientalismo radicale.
Oggi dobbiamo dunque riscoprire il valore di alcune verità dimenticate: così che gli esseri umani sappiano procreare in modo responsabile, ma senza essere vittime di ideologie infondate e — in definitiva — sostanzialmente ostili alla vita e all’umanità.
Carlo Lottieri è il presidente della sezione italofona dell’Istituto Liberale.