Al mondo non mancano le crisi. Dalla prospettiva europea, questa osservazione vale certamente per le frontiere del continente e, al di là, per il vicino Oriente. Ciononostante essa vale anche per la situazione dell’Unione europea e di alcuni dei suoi Stati-membri. L’attrattività relativa dei movimenti populisti è il sintomo di una crisi del troppo Stato, di una politica centralista e di una democrazia di massa che non conosce più quali sono i suoi limiti. La minaccia del protezionismo torna a far parlare di sé. Le riforme di Stati provvidenza divenuti ormai sproporzionati continuano a farsi aspettare. La crisi dell’euro non è ancora superata. Per tutti questi problemi le proposte non mancano, ma gli economisti si contraddicono. Il mondo ha bisogno di orientamento.
È risaputo che la storia è la migliore delle insegnanti, ma anche quella dagli allievi peggiori. I medesimi errori si ripetono regolarmente. Da qui l’importanza di una dottrina politica fondata su solide basi economiche, o di una dottrina economica contenente delle prospettive politiche. Il pensiero marxista è aberrante, ma tuttavia molto più conosciuto di quello di Mises. Ciò non impedisce che Ludwig von Mises (1881-1973) sia considerato da alcuni come il più grande economista del XX secolo. Rifugiatosi prima a Ginevra negli anni 1930 e poi a New York, ha molto più da offrire della sola teoria economica. In quanto uno dei principali protagonisti della scuola “austriaca” d’economia, Mises non ha soltanto confutato Marx da cima a fondo. Ha anche offerto, assieme a numerosi altri pensatori della medesima tradizione, tra cui il premio Nobel Friedrich von Hayek, una prospettiva sulle crisi che, al pari di una bussola, può servire d’orientamento in molte situazioni. Le crisi e il caos non sono peraltro fenomeni inediti per gli “Austriaci”.
Leggere il rapporto:
Una bussola in tempo di crisi: l’essenza della scuola austriaca d’economia
(8 pagine, PDF)