Il 26 novembre 2024 l’Istituto Liberale ha organizzato l’evento Neocostituzionalismo: nuovo rapporto tra leggi e diritto?, in collaborazione con Students For Liberty Svizzera e LPU (Law and Politics in USI). La serata ha visto come protagonista Nicolò Zanon, per offrire una prospettiva sui cambiamenti che la corrente di pensiero del neocostituzionalismo ha portato nel mondo giuridico. Questa rivoluzione moderna ha introdotto nuove dinamiche tra legislatori, giudici e principi costituzionali che ci porta a rivisitare come affrontiamo il vero e proprio rapporto tra etica e politica. Il neocostituzionalismo, infatti, è stato spesso definito come il passaggio tra il positivismo giuridico sulle norme al positivismo giuridico sui valori fondanti di una società: il tentativo di usare la legge per ridefinire il diritto e tutto il vivere come che ci sta intorno, provando forse così a sostituirsi al diritto naturale. L’evento, introdotto da Carlo Lottieri, presidente della sezione italofona dell’Istituto Liberale, ha attirato un pubblico variegato di giuristi, studenti e appassionati di filosofia del diritto.
Nicolò Zanon, professore ordinario all’Università di Milano e già giudice e vicepresidente della corte costituzionale italiana, ha offerto una panoramica sul tema del neocostituzionalismo partendo da una domanda chiave: questa nuova corrente che si sta sempre più affermando nella nostra realtà giuridica introduce un’evoluzione del costituzionalismo classico o una sua distorsione? La risposta, secondo il relatore, risiede in una trasformazione epocale delle funzioni della magistratura, che si è progressivamente affrancata dal ruolo tradizionale di semplice interprete delle leggi per diventare una forza creativa e, in certi casi, politica. Il primo punto che caratterizza il neocostituzionalismo è un’erosione progressiva della separazione dei poteri. La divisione tra legislativo, esecutivo e giudiziario è sempre più sfumata. I giudici, invece di applicare le leggi, utilizzano tecniche interpretative avanzate per modificarle o superarle, invadendo di fatto il campo del legislatore. Questa tendenza viene poi incoraggiata dal sovraffollamento del quadro giuridico da parte di nuovi fonti del diritto, come l’UE e l’ONU, che confondono i limiti del giudiziario sul legislativo nazionale e vanno inevitabilmente a caricare i giudici di poteri etici e politici che normalmente non avrebbero.
La seconda caratteristica sfuma il rapporto tra leggi ed etica introducendo effettivamente i giudici come legislatori morali. Le corti, dall’avvento del neocostituzionalismo, si sono sempre più impantanate con un’ottica proattiva su questioni etiche controverse, quali il diritto all’eutanasia o all’aborto per esempio. Pur rispondendo a esigenze sociali, spesso casi come questi sostituiscono il dibattito parlamentare con sentenze vincolanti. Ciò pone effettivamente dei limiti ben definiti sia alla politica quanto soprattutto alla volontà popolare sul poter esprimersi su temi sociali particolarmente importanti. Infine, un terzo punto che va a caratterizzare questo movimento è una compromissione inevitabile della stessa certezza del diritto. L’eccessiva flessibilità nell’interpretazione delle norme che va a braccetto col potere creativo concesso ai giudici – ad esempio attraverso il ricorso all’“interpretazione conforme” ai principi superiori del diritto internazionale – genera instabilità giuridica e incertezza tra i cittadini. Un esempio concreto citato da Zanon riguarda il caso italiano del suicidio assistito, dove la Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente incostituzionale una norma penale sul fine vita, lasciando al Parlamento un anno di tempo per legiferare. Di fronte all’inazione politica, la Corte ha poi stabilito autonomamente le condizioni per rendere il suicidio assistito legalmente praticabile. Per Zanon, questo tipo di attivismo, pur mosso da buone intenzioni, costituisce un pericoloso precedente che rischia di sovvertire l’equilibrio democratico.
L’origine del problema si può trovare in una miriade di fattori. Uno di questi è sicuramente l’inerzia legislativa: i parlamenti, spesso bloccati da divisioni politiche, rinuncino a legiferare su temi complessi, lasciando così spazio all’intervento giudiziario. Ciò solleva interrogativi sulla responsabilità politica e sulla capacità della democrazia di affrontare sfide cruciali. Inoltre, un ruolo fondamentale è giocato anche dal peso crescente del diritto sovranazionale, come le normative europee o di organi ancora più grandi, che obbligano effettivamente le corti, talvolta, ad applicare principi superiori pur a scapito del normale funzionamento del diritto nazionale. Questo fenomeno, pur arricchendo il quadro giuridico, mina la sovranità dei parlamenti. Si è discusso infine di modelli alternativi per riequilibrare il rapporto tra magistratura e politica, tra cui la democratizzazione delle procedure di nomina dei giudici e l’introduzione di meccanismi che responsabilizzino maggiormente i parlamenti. Carlo Lottieri ha concluso l’evento sottolineando l’importanza di dibattiti come questo per comprendere le dinamiche che stanno trasformando le democrazie liberali, minando il flebile rapporto tra etica, politica e diritto.
La serata ha evidenziato come il crescente potere delle corti costituzionali debba essere affiancato da una rinnovata consapevolezza politica, affinché le decisioni più rilevanti rimangano prerogativa delle istituzioni democraticamente elette. Non è stata solo un’analisi critica del neocostituzionalismo, ma anche spunti per ripensare su scala maggiore il rapporto tra diritto, politica e società. Infatti, è un’introduzione senz’altro moderna l’idea che queste sfere possano sfumarsi tra gli ingranaggi dello Stato, quando addirittura nel Medioevo e nella prima modernità erano diverse istituzioni indipendenti e spesso in conflitto tra loro a guidare diversi aspetti della vita dell’individuo. Pensiamo per esempio ai conflitti tra Chiesa e Impero, che nonostante le divergenze e le contese erano autorità in modo diverso e in campi diversi per le stesse persone ovunque in Europa. Nicolò Zanon ha infine lanciato un monito: se le corti continuano a sostituirsi ai legislatori, si rischia di compromettere il delicato equilibrio su cui si fondano le democrazie. Pericolo molto vicino anche considerando che il terreno si sta già ampiamente preparando nel terreno geopolitico odierno, nel progressivo configurarsi di un testa a testa globale – per lo meno diplomatico – tra autocrazie nemiche della libertà e Stati occidentali che sempre più si dimenticano ciò che li ha sempre distinti dalle prime.