È davvero un discorso d’importanza storica quello tenuto a Davos, nei Grigioni, dal nuovo presidente dell’Argentina, Javier Milei, dinanzi alla platea del World Economic Forum. Senza molti giri di parole, in effetti, il nuovo leader del paese latino-americano ha evidenziato questioni cruciali, che le élite contemporanee sembrano ignorare.
Innanzi tutto Milei ha fatto presente come l’Occidente sia in pericolo, dato che le tesi del socialismo e del dirigismo hanno ormai conquistato le menti e i cuori delle classi dirigenti: in Nord America e ancor più in Europa. Questo ha conseguenze devastanti, dato che il mito della “giustizia sociale” esaltato dai politici e dai loro complici, e l’illusione che l’espansione del potere produca una società migliore, sta chiudendo ogni spazio alla libera impresa e sta frenando la crescita in tanta parte del mondo.
Milei sa di quello che parla, dato che per quasi un secolo l’Argentina è stata dominata da una strana forma di socialismo (il peronismo) che mescola elementi di destra e di sinistra, nazionalismo e classismo, e che ha fatto di una delle realtà più prospere – che a lungo ha attirato milioni di emigranti dall’Europa – una società allo sbando: con altissimi tassi di inflazione e disoccupazione. La catastrofe del mio paese, ha spiegato il neo-presidente, è figlia di quelle stesse logiche assistenziali che da tempo dominano anche i paesi occidentali.
L’alternativa al parassitismo di Stato, allora, è la difesa dei diritti individuali e della libertà d’impresa. Milei ha evidenziato come soltanto il capitalismo di libero mercato abbia permesso economico e il miglioramento delle condizioni economiche di larga parte dell’umanità, e ha sottolineato come alla base di tutto ci siano principi di natura morale, che rinviano all’assoluto rispetto dell’altro e delle sue proprietà. Quello dei diritti individuali e della libera impresa, ha sostenuto Milei, è “è l’unico sistema moralmente desiderabile”, dato che non fa ricorso a imposizione, costrizione e violenza.
Il successo economico delle società libere, dunque, risulta dal loro rispetto dei principi fondamentali del diritto. Ed è unicamente limitando al massimo il ricorso alla forza che si può creare un ambiente favorevole alla creatività umana. Non a caso uno dei pochi studiosi citati da Milei è proprio Israel Kirzner, un economista statunitense ormai ultra-novantenne che in alcuni studi fondamentali ha esaminato come il dinamismo economico tragga la propria origine da quel processo di ricerca che ha al centro una figura del tutto peculiare: l’imprenditore di mercato. A Davos Milei non si è in alcun modo moderato: non ha fatto nulla per compiacere gli spettatori e gli organizzatori dell’evento. Al contrario, le sue parole hanno ribadito la sua fiducia nell’ideale di una società libera e in quello che è chiamato l’anarco-capitalismo. Il suo impegno, in Argentina e non solo, è nella direzione di un “modello basato sui principi fondamentali del libertarismo: la difesa della vita, della libertà e della proprietà”.
Le parole pronunciate da Milei sono davvero significative, ma è anche molto interessante il contesto nel quale egli ha sostenuto le sue tesi. In effetti, da tempo il presidente argentino è in contatto con gli ambienti del WEF: anche prima della sua conversione al libertarismo. Non deve quindi stupire che egli sia stato invitato, né che abbia accettato di intervenire. Difendendo le tesi anarco-capitaliste e gli argomenti della scuola austrica dell’economia dinanzi a Klaus Schwab e ai suoi adepti, però, Milei ha di fatto puntato il dito contro le classi dirigenti contemporanee: contro quel club che – ben al di là dello stesso WEF – riunisce politici progressisti di destra e sinistra, imprenditori e banchieri abituati a fare affari all’ombra dello Stato, intellettuali servili e sempre pronti a difendere gli attuali assetti di poteri, lo sfruttamento fiscale in atto, l’espansione della regolazione e delle iniziative “sociali”. Nel piccolo centro grigionese “el loco” ha detto ad alta voce che il re è nudo e che gli imprenditori oggi devono abbandonare al loro destino le logiche fallimentari dell’interventismo e del parassitismo organizzato (spesso con le più varie scuse ecologiche e sanitarie). Diversamente, essi diverranno parte del problema, invece che della soluzione.
(Articolo pubblicato originariamente su Il Mattino della domenica, numero del 28 gennaio 2024)
Carlo Lottieri è presidente della sezione italofona dell’Istituto Liberale