Organizzato dall’Istituto Liberale il 21 febbraio 2020 s’è tenuto al Palazzo dei Congressi di Lugano un incontro con Lorenzo Infantino, professore alla Luiss di Roma e autore di Cercatori di libertà (Rubbettino, 2019). L’appuntamento ha avuto come tema centrale gli studi di Friedrich A. von Hayek sulla metodologia delle scienze umane e la loro ricaduta sulla nostra comprensione delle istituzioni. A giudizio di Infantino, appassionato studioso della Scuola austriaca, questi insegnamenti testimoniano un’importante verità sulla giustizia: il fatto che la pianificazione mina le basi stesse della convivenza, che poggia sulla capacità degli esseri umani di cooperare tra loro.
Dopo una breve introduzione di Carlo Lottieri, presidente della sezione ticinese dell’Istituto Liberale, Infantino ha illustrato il percorso di quegli studi, tra economia e sociologia, che l’hanno condotto a confrontarsi con i grandi classici (da Hume a Mises, da Constant a Tocqueville) al centro del volume. A giudizio dell’autore stesso, il libro che più di tutti l’ha condotto a superare ogni visione tradizionale in tema di società ed economia è stato proprio Legge, legislazione e libertà di Hayek, in cui è possibile trovare quegli insegnamenti essenziali ad affrontare fenomeni complessi non riducibili alle semplificazioni che caratterizzano tanta parte della letteratura accademica. Per Infantino, nell’evoluzionismo istituzionale hayekiano è evidente la ripresa di temi già mirabilmente affrontati dai grandi moralisti scozzesi all’origine dell’economia classica.
Sia Smith sia Hayek, in effetti, hanno compreso quanto sia ingenuo sul piano epistemologico e pericoloso sul piano politico affidarsi al Grande Legislatore, nell’illusione che egli abbia le necessarie competenze per progettare l’andamento dell’infinita complessità rappresentata dalla società (che altro non è che l’aggregato dei processi cooperativi umani). Smith intese che l’ordine sociale è fondamentalmente inintenzionale e che esso si sviluppa, come si direbbe dopo Darwin, in termini evolutivi. Gli uomini operano intenzionalmente per scambiarsi mezzi con l’obiettivo di perseguire i propri fini e cooperare, ma l’effetto inintenzionale di tutto ciò genera una struttura formale della società tale per cui ciascuno viene messo nelle condizioni di avere i mezzi opportuni al raggiungimento dei propri fini. Questo è il fondamento della pace su cui si regge la società aperta: l’armonizzazione irriflessa delle conoscenze disperse nello spazio e nel tempo a disposizione di tutti i membri della società separatamente.
Un secolo e mezzo dopo, Hayek ha avuto il merito di capire il nesso tra la concezione evoluzionistica ante litteram dell’Illuminismo scozzese e gli studi di Carl Menger, fondatore della Scuola Austriaca. Le norme sociali durano finché l’interazione che le ha generate sanno servire il loro scopo. Questa evoluzione continua dipende dalle esigenze degli uomini che cambiano, facendo mutare anche ciò che nel tempo può servirle meglio. Smith aveva inteso che gli individui interagiscono e che in tal modo producono una cascata di conseguenze che genera le norme e le istituzioni sociali. Né queste norme né le ragioni di queste norme possono essere progettate coscientemente, poiché nascono proprio per rispondere a esigenze soggettive delle persone che le compongono. L’Illuminismo di matrice francese, al contrario, edificò quel fortunato contraltare ideologico secondo cui gli uomini, isolati da obiettivi e aspirazioni comparabili, potrebbero essere ordinati centralmente secondo il piano di un’unica mente al potere.
Purtroppo, però, ogni decisione straordinaria, strategica o finalizzata a un fantomatico “bene comune” non è che l’imposizione dell’interesse di qualcuno sugli altri. La ridistribuzione è aggressione e, il che è lo stesso, distorsione del meccanismo di armonizzazione sociale operato dal mercato.
Nella sua riflessione Infantino ha pure sottolineato come il socialismo si realizzi soprattutto tramite la socializzazione dei mezzi di produzione; esiste tuttavia, come Ludwig von Mises ha insegnato, una seconda via al socialismo, che consiste nel mantenere i diritti formali alla proprietà privata e nell’utilizzare il monopolio della forza per ridistribuire le risorse e sterilizzare così l’ambizione e la creatività degli individui. Gli estremismi collettivisti, di destra o sinistra, non sono che varianti del medesimo errore, semplicemente rivestito di ideologie differenti. Tali ideologie si distinguono semplicemente in ragione del gruppo sociale che s’incaricano di difendere a scapito di tutti altri. D’altra parte, la cooperazione e il libero scambio sono la stessa cosa: sono entrambi volti a pagare con ciò che sappiamo fare meglio ciò che sappiamo fare peggio.
In definitiva, allora, il socialismo risulta allora essere quella distorsione di tale meccanismo sociale basilare che getta ogni individuo in preda agli interessi particolari di un altro uomo come noi.
Per ordinare il libro di Lorenzo Infantino:
Cercatori di libertà (Rubbettino, 2019)
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