Quando governanti e funzionari si trovano confrontati all’impossibilità di aumentare ulteriormente il carico fiscale, questo a causa delle resistenze della popolazione, essi traggono ispirazione dal vecchio e più volte testato principio machiavellico del “dividere per meglio regnare”. Sapendo che delle nuove imposte a carico dell’intera popolazione riscuoterebbero pochissimo successo, essi scelgono infatti con regolarità delle nuove minoranze — gli automobilisti, i ricchi, i proprietari di case o di cani, i fumatori, etc. — a cui imporre nuovi balzelli.
L’imposizione delle imprese risponde alla stessa logica. Dal momento che la maggior parte dei cittadini non sono degli imprenditori in senso stretto – ossia non dirigono un’impresa di loro proprietà — questa diventa il soggetto d’imposizione ideale dal punto di vista politica.
Ovviamente, la maggior parte dei cittadini capiscono immediatamente che un’impresa locale genera degli impieghi e non dovrebbe quindi essere spinta a partire a causa di imposte eccessive. Tuttavia, è popolare la convinzione che l’imposizione delle imprese permetta di ridurre il carico fiscale che pesa sui singoli cittadini. È questo ragionamento che contribuisce in modo importante a dare una legittimità al prelevamento d’imposte sull’attività delle imprese.
Un errore di ragionamento
Una minaccia che si sente spesso è quella che la riduzione dell’imposizione delle imprese condurrebbe a un’imposizione più pesante delle persone fisiche. Questa affermazione è assolutamente priva di fondamento. L’idea secondo cui le persone private potrebbero pagare meno imposte se le imprese pagassero di più è il risultato di un evidente errore di ragionamento.
Le imprese, in quanto costruzioni giuridiche astratte, già tuttora non pagano alcuna imposta. Attenzione, non stiamo parlando di ottimizzazione fiscale. Quello che vogliamo dire è che l’impresa in quanto tale non può semplicemente essere tassata. Ogni franco che lo Stato ottiene estraendolo, in apparenza, da un’impresa proviene in realtà dalle tasche delle persone che per un motivo o un altro si trovano in relazione contrattuale con essa — mai dall’impresa in quanto tale.
Si tratta per esempio dei collaboratori dell’impresa tassata che ricevono un salario inferiore a quello che avrebbero altrimenti ricevuto. Oppure dei consumatori dei prodotti o dei servizi dell’impresa che saranno obbligati a pagare un prezzo superiore per poterne beneficiare. O ancora gli azionari, spesse volte delle casse pensione, che si vedono decurtare i dividendi a cui avrebbero diritto.
Il fatto è che le imposte inflitte alle imprese non possono essere pagate da queste entità giuridiche senza che delle persone reali ne paghino il prezzo. L’imposta è quindi sempre pagata dai proprietari, dai salariati, dai clienti — ossia da tutti noi.
L’imposizione delle imprese non contribuisce quindi a una ripartizione equa del carico fiscale tra imprese e persone fisiche. Il contrario è ben più vero. Le imposte prelevate tra le imprese contribuiscono a rendere il sistema fiscale più opaco perché rendono impossibile capire chi sia a sopportare il peso del carico fiscale.
Un carico fiscale occulto
Per i consumatori è quasi impossibile sapere quanto avrebbero potuto risparmiare senza l’imposizione delle imprese. In modo simile, il singolo collaboratore non può sapere a quale proporzione del suo salario ha dovuto rinunciare a causa di questa imposizione. Anche i calcoli più sofisticati non possono fornire che delle stime approssimative a questo riguardo. A causa del carattere dinamico dei processi economici e impossibile giungere a dei valori esatti.
A causa di questa opacità del sistema fiscale, i cittadini non possono rendersi conto del valore reale della pressione fiscale. È un classico esempio di contrasto tra quello che si vede e quello che non si vede. L’ammontare dell’imposta sul reddito e sulla fortuna delle persone fisiche è evidente perché lo si legge nelle fatture relative inviate dall’amministrazione fiscale. È quello che si vede. Quello che invece non si vede è la parte individuale della totalità delle imposte prelevate sulle imprese, ammontare che si paga in quanto consumatore, fornitore, azionario e salariato.
Il peso smisurato dello Stato
Questa opacità è di sicuro nell’interesse di coloro che ne approfittano: lo Stato i suoi funzionari e i beneficiari dei suoi sussidi. Gli statalisti di tutti i partiti tirano anche loro vantaggio da questa opacità poiché essa gli permette di rispettare sempre meno la proprietà privata imponendo un carico fiscale crescente alla popolazione. Questa opacità e la morsa statale che essa nasconde non sono di certo al servizio dell’interesse generale della popolazione.
È per questo motivo che il carico fiscale effettivo e la sua spartizione dovrebbero essere più trasparenti. Non c’è altro modo per rendere visibile il peso reale del carico fiscale smisurato imposto dalla Stato, così come dell’avidità della politica, che minacciano sempre di più l’economia produttiva e sia la libertà individuale che quella imprenditoriale. Per giungere a questa trasparenza è più che mai necessario rinunciare all’imposizione delle imprese.
Articolo di Pierre Bessard, direttore dell’Istituto Liberale, pubblicato in « Finanz und Wirtschaft » il primo febbraio 2017 (traduzione italiana dell’originale tedesco).